X
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più, o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la Cookie Policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.
Editoriale Dreamtimedancemagazine, redazione nata in una periferia milanese in cui abbiamo la nostra sede operativa. Siamo cresciuti come una redazione giovane, diversa e indipendente, per viaggiare nel mondo della danza e di molto altro, dal balletto al contemporaneo, dal teatrodanza al mixability. Un magazine edito dall'Associazione Culturale Vi.d.A., produttore del Festival Internazionale Dreamtime: danza senza limiti, che della Mixed Abilities Dance ha fatto la sua bandiera. Il magazine si avvale della collaborazione di affermati professionisti, nuove leve, sguardi molteplici sul complesso mondo della danza. Paola Banone, direttrice del festival Dreamtime, coordinatrice del magazine, ricercatrice, da tanti anni compie un lavoro mirato sul mixability e sulla relazione tra danza e sociale. Direttore del magazine è Claudio Arrigoni, giornalista sportivo e commentatore dello sport paralimpico per Rai e Sky; testimonial dell'intera operazione è Anna Maria Prina, ex direttrice per 32 anni Scuola di ballo del Teatro alla Scala, personalità di spicco della danza italiana, coinvolta dal settembre 2011 nel lavoro con la Cie MixAbility Dreamtime.
Aldo Sancricca da redattore e danzatore ha realizzato questa intervista
Sara Renda nasce ad Alcamo, in provincia di Trapani. All’età di 11 anni, entra nella Scuola di ballo del Teatro alla Scala, dove si diploma con il massimo dei voti nel 2010. Inizia la sua carriera professionale all’ Opéra National de Bordeaux diretta da Charles Jude. Di li a poco inizia a collezionare una lunga serie di riconoscimenti: la Medaglia di bronzo alla 50ª edizione del prestigioso “International Ballet Competition” di Varna (Bulgaria), nel dicembre 2014 diventa Prima Ballerina e, a distanza di un anno, viene nominata in scena Étoile dell'Opéra National de Bordeaux dal direttore del Ballo Charles Jude e dal direttore generale Thierry Fouquet . E’ la vincitrice del premio Danza&Danza 2015 come miglior "Danzatrice italiana all'estero" e nello stesso anno riceve il "Premio DanzArenzano Arte”.
Nonostante la giovane età ha già danzato un repertorio vastissimo. Negli anni della scuola si è cimentata nelle coreografie di Nureyev, Kylian, Balanchine e Petit e da Prima Ballerina ha ballato i ruoli principali in: Roméo et Juliette, Giselle, Don Chisciotte, Schiaccianoci e Bella Addormentata di Charles Jude ; Strawinsky Violin Concerto, I Quattro Temperamenti, Who Cares? di George Balanchine; Il est de certains coeurs di Itzik Galili; Pneuma di Carolyn Carlson; Suite en blanc di Serge Lifar; La Reine Morte di Kader Belarbi.
Come è nata la passione per la danza?
Credo mia madre abbia avuto una grande influenza a riguardo. Fin da piccola, avendo visto in me una particolare predisposizione, mi ha sempre spinta a ballare su qualsiasi tipo di musica. Ho svariati video di me a due anni in cui ballo diverse coreografie da me inventate, imitando gli stacchetti che vedevo nelle varie trasmissioni televisive come 'Non è la Rai'. Da più grande iniziando a muovere i primi passi nella danza classica me ne sono subito innamorata .
Come descriveresti la tua esperienza presso la Scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano?
L’Accademia mi ha dato moltissimo. Per me rappresenta ancora un sogno diventato realtà. Se ripenso a me da bambina ancora ho chiare nella mente le voci degli insegnanti e quell’atmosfera che si respirava nella scuola. Al contrario di quanto dicono di solito i miei colleghi, non posso dire che sia stata dura, perché per me la danza è sempre stata una grande passione e il fatto che fossero molto severi mi ha semplicemente aiutato a crescere.
Qual è stato il tuo percorso dopo la scuola?
Sono stata molto fortunata, infatti solo dopo poche audizioni sono entrata a far parte della Compagnia Nazionale di Bordeaux, diretta da Charles Jude, a cui sono davvero riconoscente per il suo credere costantemente in me. Sono ormai passati 5 anni dal mio primo giorno qui e ho vissuto e vivo grandi emozioni in questo teatro ed in questa città meravigliosa. La Francia mi ha regalato tutto quello che l’Italia non mi ha dato.
Come si arriva a diventare Étoile in un teatro importante?
Tanta volontà e tanto amore. Sono dell’idea che la volontà non basti. Sin dalla scuola, quello che gli insegnanti ti dicono è di mettere tutta te stessa in quello che fai, ma ho scoperto con il tempo che se non ami realmente qualcosa non puoi raggiungere i livelli più alti. Mettiamola così: la dedizione permette di raggiungere risultati discreti, ma è l'amore totale che apre tutte le porte, trasformando i sogni in realtà .
Vorresti tornare a ballare in Italia?
Io sono Italiana e, anche se la Francia è stata la nazione che ha creduto subito in me, mi farebbe piacere tornare nel mio paese. Si dice che “non si è mai profeti in patria”; non credo ai proverbi, ma credo in me stessa: se la vita mi vorrà sorprendere riportandomi in Italia ne sarò felice.
Progetti futuri?
Al momento mi preoccupo solo di dare tutta me stessa e di amare quello che faccio. C'è sempre un tempo per raccogliere.
Sogni nel cassetto?
Ballare come Étoile fissa in una delle Opéra più importanti del mondo e diventare un esempio per tutte le ballerine, dimostrando che la meritocrazia a volte trionfa.
Si ringrazia per la concessione delle foto Fulvio Eterno.
On May the 23d your promotion to Principal dancer was made official. What does it mean for you?
It means a lot, but nothing at the same time. Clearly it's a great achievement for a dancer's career but it doesn't change the nature of the job, that requires serious and focused training on daily basis. Actually being a Principal allows you less mistakes, so I would say even more pressure.
Two years after your departure from La Scala, Angelo Greco, young soloist, follows your path! What do you think of his choice? And what about yours? I am very happy that Angelo is making his way overseas and I am sure he is going to have a great ride here. This is a great place to grow as a dancer and I am happy to represent the "italianity" here in San Francisco with him.
Which prospective do you imagine for you as a part of the company? I don't know I hope I will get to work with exciting choreographers as well as dancing ballets from the repertory. I try not to set expectations on my life, and to be open to every possibility.
How do you look at Italy, his theaters and his artists? The situation it's always the same really, you walk in Milan or any other city in Italy and It's full of art. Unfortunately it feels like ballet has never been the priority in Italy even though we have great examples of amazing ballet dancers that the world envies us. Every year there is some italian dancer leaving La Scala, that is supposed to be the best ballet company in Italy, joining other theaters with great success. Clearly italian ballet dancers are doing great, I am not sure about the italian ballet companies.
Two years after your departure from La Scala, Angelo Greco, young soloist, follows your path! What do you think of his choice? And what about yours? I am very happy that Angelo is making his way overseas and I am sure he is going to have a great ride here. This is a great place to grow as a dancer and I am happy to represent the "italianity" here in San Francisco with him.
Which roles did you dance this year? I've been invited as a guest by Francesco Ventriglia to dance Albrecht’s role in Giselle by Stiefel/Kobborg, with the Royal New Zealand Ballet, the Prince in Nutcracker and Swan Lake of Helgi Tomasson, and the title role of Onegin by John Cranko. Then I had the great chance to work with Forshyte recreating step by step a work he created for Paris Opera, PasParts. And many other ballets from Balanchine, Tomasson, Ratmansky and Wheeldon.
As a Principal which kind of artistic career would you like to accomplish?Roles, repertory, style, choreographers, companies. I would like to dance the classical repertory as much as possible even though I think that nothing is better than creating steps in a studio with an existing choreographer. I love Balanchine. I think he was a genius and he left us a great amount of works that still challenges the dancers and ballet masters nowadays.
What do you think of ballet today and how do you imagine the future of this art form? I don't think Ballet is living a great moment right now. I think there is not many relevant good choreographers and I personally believe that many of them are living in the shadows of the great geniuses of the past. Most of the dancers are just trying to be stars forgetting that all the great étoiles, before being called that way, were working days and nights in the studio. I don't think it happens overnight and certainly it doesn't happen by posting a picture on Facebook.
What would you say to dancers starting this career? I would tell them to be smart at choosing their idols. I feel like right now there are ballet dancers that are setting wrong examples for young dancers, in terms of behavior and professionality, and I feel like good and lasting results come out of lots of work and dedication for the art form.
Stefania Ballone, dancer at La Scala Corps de Ballet in Milan, directed by Machar Vaziev. She took a Master Degree in Liberal and Performing Arts at Milan State University and now she continues her choreic research in contemporary dance experimentation and attempts in the choreography.
Stefania Ballone interviewed for «Dreamtime Magazine» Massimo Murru (Principal dancer and étoile at La Scala Theatre in Milan) about his first experience as professor and maître de ballet at the Royal New Zealand Ballet (RNZB) in Wellington, directed by Francesco Ventriglia.
Massimo Murru danced on the world most important stages. His repertoire is incredibly wide and includes numerous classical and contemporary ballets. He works with the most acclaimed contemporary choreographers and was a partner of a number of great dancers, especially Sylvie Guillem.
According to your three-month experience at the RNZB as maître de ballet, how did you find the Company and what was your job there?
The Company counts 38 young dancers, between 18 and 30 years old. All of them transmit a great will to learn and perform. It is not a so hierarchised company as ours at La Scala or at Paris Opera. In Wellington I was a teacher for the Company and also assistant during the rehearsals of the programmed ballet. The soiree presented four choreographies. I assisted at Dear Horizon, created by a New Zealand choreographer Andrew Simmons, who already worked for the Company and now stays in Germany, and at Salute by Johan Kobborg. Other two choreographies were The Soldier’s Mass by Jiří Kylián and Passchendaele by the New Zealand choreographer Neil Ieremia. That program was prepared by former artistic direction as homage to New Zealand soldiers in Europe during the First World War. I assisted the creation for five duets and generally, where my help was needed. In the beginning, I did not know how to perform my work during the slow creation phase; however I took once courage and helped him during the preparation: it was successful. I taught not just at the Company, but at the Ballet School as well. Since his arriving in Wellington Francesco was interested in the School and agreed that the older students can already study with the Company. Ballet class lasts one hour and a half or, when there is a performance, one hour and a quarter with a half-hour warm-up before it. Then I also handled the distribution of roles and replacements in the artistic directives together with Francesco. Every performance normally debuts in Wellington and then all around New Zealand, so I made also a tour with the Company. In parallel with the main performance there are some minor forty-minute performances with the dancers chosen by the director, to further the dance all over New Zealand, and I was also busy with those performances.
How it is to be a teacher?
Honestly I never thought I could teach, because I think it is a very difficult thing, which can not be improvised. I wanted to do this experience in Wellington to test myself, it was an interesting and funny experience, but definitely not easy and sometimes even a little frustrating, because you want to be able to give, to help, and not always the results arrive, or however it takes time. When you dance you have to think only about yourself, when you are a teacher you talk to many very different people and, in some way, you try to give and to help all of them. As a performer, I know very well there are good days and worse ones. Sometimes the teacher forgets the dancer’s daily work, while he should be patient, primarily when he works with youths without so much experience. I gave my best to them and they took enormously. I was rewarded with this, however I realised that I had a great responsibility.
Is the performers past is important for becoming a good teacher? The key requirement for a teacher is devotion, so that to help the dancer. You could either have a great experience as a performer, or have been the greatest dancer in the world, but it does not work if you have no devotion. Sure you can have some satisfaction in transmitting the knowledge to the dancers, but what is really important is the result. Teaching needs devotion and inclination. You cannot enter in a class reminding to the dancers what a great dancer were you before. I never did so about my carrier and neither the dancers or choreographers I worked with. I never did so as a dancer, nor as a teacher: I do not like it, because it is not conform to my nature. This is not the right way of teaching, because in some way creates a distance between the teacher and the dancer. If someone wants to see who its teacher was, it is today extremely easy with surfing the Web: everybody can see who you were, what did you danced and with whom did you performed.
What kind of work Francesco is trying to do with his Company? Francesco wants to raise the profile of the Company. The Royal New Zealand Ballet has its history and its repertoire, but it is geographically distant from the rest of the World. Francesco points to “make” the distances shorter with a new repertoire and new ballets. He was successful in having the rights for In The Middle and Somewhat Elevated by William Forsythe, which the Company did not yet performed. In this way Francesco gives them the possibility to work with the choreographers, who made the dance history in the 20th century. Thanks to the international tours the Company can also raise its international profile: for the first time the Royal New Zealand Ballet will come to Europe (Great Britain and Italy) next November. Francesco is also making an agreement with Australia and the Far East. In this way he trys to remove a kind of work “numbness”: before, they used to prepare one ballet at a time. Now Francesco redistributed the work, so that the Company rehearses more ballets in the same period. I believe that this will be extremely good for the Company, even though the starting point was not easy.
Do you think that this job gave and will give you some satisfaction? I guess so, although it is my first experience and maybe it is a bit early to think about the future. Doubtless I was satisfied with some good results. It was a satisfaction different from the dancer’s one. On the stage the greatest satisfaction consists of the public’s applause; on the contrary, the teacher devotes his job and should not expect any thankfulness. I recently wanted to thank a teacher of my school, years after, for her teachings, which I steel keep in my head. If someone appreciates a teacher and his job, it is rewarding for him, but the teacher cannot pretend any reward. The teacher should neither teach without bothering to please everybody, nor lowering his teachings’ level to please by hook or by crook everybody. The best and most beautiful reward for a teacher is when a dancer, who understands his teacher, is able to express perfectly what he wants, and he asks even him to work together and finally thanks him. I am remembering the great teachers, whom I luckily met, e.g. Loipa Araújo [former principal and maître de ballet at Cuban National Ballet, guest teacher at La Scala Theatre, now maître de ballet at English National Ballet directed by Tamara Rojo — Ed.]. Whenever we heard about her classes, a lot of dancers and me were looking forward to work with her, I am thinking of how many dancers improved their technique and interpretation with her and teachers like her. As far as it concerns me, I am interested in teaching using this approach and I would really like helping dancers in their job.
What did you brought home from this experience? First of all I tested myself in a new experience, that I never had before, and that is the most challenging element. Then I bear in my heart the ‘human aspects’ and many small — fun too — episodes linked to the Company’s dancers, which I never believed I could experience. I was a maître, who felt like understanding and helping the dancers, despite of all my fears, preoccupations and doubts. Pictures: Brescia-Amisano Teatro alla Scala di Milano and Gilles Tapie.
Editing Collaboration and English Translation: Domenico Giuseppe Muscianisi and Anna Esterovich.
Credit photos: Brescia - Amisano Teatro alla Scala di Milano e Gilles Tapie.
I giovani ballerini del Teatro alla Scala si raccontano.
Sono giovanissimi, tra i più giovani nel corpo di ballo del Teatro alla Scala. Classe ’95, Gaia Andreanò da Palermo e Mattia Semperboni da Milano, entrambi si sono diplomati alla Scuola di Ballo Accademia Teatro alla Scala di Milano nel giugno 2014 sotto la direzione del Mº Frédéric Olivieri e da subito sono stati ammessi tra gli aggiunti del corpo di ballo scaligero. Nella scorsa stagione 2014/15 li abbiamo visti in ruoli da solisti: insieme hanno debuttato nelle recite dell’8 e 12 aprile nel pas de deux dei contadini in Giselle (primo cast, con Maria Eichwald e Claudio Coviello nei ruoli principali. Vedi la recensione per «Dreamtime»: http://www.dreamtimemagazine.com/index.php?id_art=555).
Nell’estate 2015, giovedì 6 agosto, sono stati ospiti e interpreti a Villa Pantelleria di Palermo per la Serata di Gala tra Danza e Arte, organizzata dalla maestra Candida Amato in occasione del quarantesimo anniversario della fondazione da parte di Ermanno Aurino e Jacques Beltrame (primi ballerini del Teatro Massimo di Palermo) della scuola di danza che oggi a Palermo porta il loro nome. In qualità di ex allieva, Gaia Andreanò è stata invitata a esibirsi e ha scelto come proprio partner Mattia Semperboni.
Quando avete cominciato a danzare insieme?ritenete importante l’affinità caratteriale? Gaia e Mattia: Ci conosciamo dall'età di undici e dodici anni, perché abbiamo frequentato lo stesso corso in Accademia. Durante gli anni di scuola abbiamo studiato passo a due assieme, ma la nostra prima vera esperienza è stata con il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala. Un'anno dopo che siamo entrati in compagnia ci è stato affidato il ruolo del passo a due dei contadini in Giselle, una vera sfida per il nostro debutto. Non avevamo l'esperienza dei nostri colleghi, eravamo la coppia più giovane: diciannove anni appena compiuti. È importante avere un buon rapporto con il proprio partner di lavoro. Dipende un po’ da che ruolo si interpreta, ma la danza è fatta di emozioni: se già si è in sintonia, è un gran passo avanti.
La vostra partecipazione al Gala Aurino-Beltrame a Palermo. Chi ha scelto i pezzi per il Gala di Palermo? Gaia: Quando la direttrice della scuola «Aurino e Beltrame» (nonché mia madre), Candida Amato, mi ha chiesto di ballare al suo gala, ho subito pensato di fare un passo a due con Mattia. Mattia: Abbiamo scelto insieme il passo a due del Corsaro, cercando qualcosa che potesse farci divertire e allo stesso tempo metterci alla prova!
In che cosa differisce (se differisce, secondo voi) un’esibizione sul palco scaligero durante la stagione ballettistica da un’esibizione in una serata di gala? Gaia: Ballare al Teatro alla Scala è come ballare a casa mia: cerco di scoprire nuove sensazioni, nuove emozioni e ogni balletto della stagione mi dà la possibilità di conoscer quel palco sempre di più. Il calore del pubblico mi fa sentire totalmente a mio agio, come se conoscessi ogni singola persona presente in sala. Partecipare a una serata di gala in un'altra città e in un'altro palcoscenico è una sensazione un po’ diversa. La sfida sta nel riuscire a trasmettere le mie emozioni anche a quel pubblico che non può vedere un balletto della Scala tutti i giorni; quando ci spostiamo dal nostro teatro è come ricominciare daccapo: bisogna creare un legame con il nuovo palco e con il suo pubblico. Mattia: Ballare sul palco di un teatro più o meno grande oppure in altre circostanze e esempio all'aperto, come è capitato con il gala Aurino e Beltrame, non cambia molto: l’emozione, l'ansia e l'adrenalina sono le stesse. Certo, quando si balla nel proprio teatro, ci si sente più ‘a casa’.
Siete ballerini o fate i ballerini? Come si esplicita, cioè, l’arte coreica nella vostra vita? Gaia: Quando mi chiedono il mio mestiere, rispondo «Sono una ballerina». La danza non è solo un mestiere che pratico per vivere, ma è la mia passione, a volte una necessità. Ogni mia azione o mio pensiero in qualche modo sono sempre collegati alla danza. Mi sento molto fortunata, perché non tutti hanno il lavoro e la passione che coincidono. Mattia: Essere ballerino non è un modo di fare. In scena si recita — è vero —, ma è l'unicità di ciascuno che prevale e che si trasmette. Tutti i sacrifici, gli sforzi fisici e psicologici che richiede quest'arte vengono ripagati.
Come e quando avete capito che la danza oltre alla vostra passione sarebbe diventata anche la vostra professione? Gaia: Mia madre ha la mia stessa passione, grazie a lei mi sono avvicinata a questo mondo meraviglioso. Lei non mi ha mai spinta a farlo, anzi all'inizio era titubante, perché da insegnante di danza sapeva che, se avessi scelto la danza, sarebbe stata difficile; ma io non ho voluto sentire ragioni, a 7 anni avevo già deciso che quella strada sarebbe stata la mia strada. Mattia: Non c'è stato un momento preciso in cui ho deciso che questa sarebbe stata la mia vita: è un fatto. La danza è cresciuta dentro di me anno dopo anno e poi arrivato al diploma, mi sono trovato ad affrontare il mondo del lavoro in teatro — come ho sempre sognato —, nel Teatro della mia città, la Scala.
Gli anni della Scuola all’Accademia Teatro alla Scala. Ricordate il giorno della vostra audizione per l’ammissione? come si è svolta? Gaia: Il direttore dell'Accademia Frédéric Olivieri mi vide a uno stage a Bagni di Lucca la prima volta che uscii dalla scuola di mia madre e mi propose fare l'audizione. Dopo aver convinto la mia famiglia, mi recai a Milano e sostenni l’esame: di quel giorno ricordo benissimo che misi il mio body preferito bordeaux e che ero davvero emozionata. L'insegnante che ci diede l'audizione fu Amelia Colombini, successivamente diventò la mia prima insegnante: fu la prima maestra a credere in me, poi la maestra Bėlla Račinskaja mi ha insegnato il vero significato di ballare, come lavorare duramente e dare sempre il massimo per diventare una vera ballerina. Ho concluso il mio percorso con la maestra Paola Vismara, grazie a lei e alla sua esperienza da ballerina ho imparato a ragionare come una professionista. Mattia: La mia prima audizione è stata nel 2007, avevo dodici anni: ricordo una grande emozione e un po’ di inconsapevolezza, ma non ero spaventato. Quando ho visto il mio nome sul foglio degli ammessi, volevo raggiungere l'obbiettivo che mi ero prefissato. Quel giorno è stato per me una grande felicità!
Vi guida e vi ispira un idolo nel vostro percorso artistico e professionale? Se sì, chi e perché? È rimasto un idolo immutato oppure maturando voi stessi e comprendendo meglio voi stessi avete identificato un idolo diverso dal precedente? Gaia: Il mio vero idolo è Marianela Núñez [ndr: principal al Royal Opera House di Londra]: ha una capacità di danzare incredibile. A volte mi piacerebbe imitare i suoi movimenti, ma sono talmente unici e sentiti, che è quasi impossibile anche solo provarci. È una delle ballerine migliori al mondo. Poi ho un'altro idolo, maschile, ovvero Leonid Sarafanov [ndr: étoile al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo], poter ballare con lui un giorno è un mio sogno nel cassetto. Non sono stati sempre loro i miei idoli. Quando ero piccola, ero più attratta dalle doti fisiche e dalle ballerine apertissime; però, crescendo, ho perso interesse per questo, perché fin da bambina sono stata abituata a lavorare non solo col mio corpo, ma anche trasmettendo quello che ho dentro con la danza. I miei idoli attuali sono l'esempio di ciò che vorrei diventare.
Mattia, tu sei milanese e scaligero ‘con pedigree’, cioè sei nato e cresciuto a Milano, ammesso alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala al primo corso, diplomato all’ottavo e subito entrato nel Corpo di Ballo del Teatro alla Scala. Senti la mancanza di un confronto ‘con l’esterno’, cioè con metodi didattici e di lavoro di altre scuole e altri teatri? Mattia: Tutti questi anni di scuola di ballo li ho trascorsi nella mia città natale, da sempre speravo di rimanere qui nel mio futuro. Quando ho partecipato all'audizione per la Scala e sono stato preso, ho subito accettato! La possibilità di poter crescere nel mio Teatro è la cosa che mi stimola di più.
Gaia, tu hai sperimentato la lontananza dalla famiglia giovanissima e iniziato lo studio della danza in una scuola differente da quella del Teatro alla Scala. Come questo ha arricchito o penalizzato la tua formazione caratteriale e professionale? Gaia: Ho iniziato a far danza nella scuola di mia madre, che in sala mi trattava come un'allieva uguale a tutte le altre, anzi a volte mi sgridava tantissimo. Oggi la ringrazio, perché ha formato il mio carattere da ballerina e mi ha dato delle ottime basi da sviluppare e migliorare.
Per formare un danzatore serve la costanza degli esercizi fisici e tanta sensibilità artistica; ma per poter comprendere a pieno un ruolo o un personaggio e fare la differenza sul palco serve anche lo studio ‘letterario’ e ‘storico’ del balletto, come fanno gli attori. Credete sia importante? Se sì, quanto tempo dedicate allo studio individuale? Gaia: È importantissimo entrare nella parte, non solo da punto di vista artistico, cioè dalla capacità di comunicare col pubblico, ma anche da quello personale. A me piace entrare nella parte che devo interpretare, posso tirare fuori tutta la mia fantasia e allo stesso tempo emozionarmi e divertirmi. Quando ami quello che interpreti, il pubblico lo capisce e si emoziona a guardare. Mattia: Noi ballerini recitiamo in scena, per questo è assolutamente importante riuscire a cogliere le sfumature caratteriali del personaggio che si sta interpretando, entrando il più a fondo possibile nella narrazione. Il pubblico deve poter percepire quello che il ballerino con movimento ed espressione vuole raccontare sul palco. Non mi è ancora capitato di dover interpretare un ruolo interpretativamente sofisticato, ma credo che per approfondire meglio oggi abbiamo a disposizione molto materiale, libri, internet, film, etc. Sarebbe ideale farsi aiutare e seguire da un ballerino con più esperienza, che abbia magari già affrontato quel ruolo, per avere un po’ di dritte in più.
Tecnica maschile e tecnica femminile: specificità, divergenze e punti di contatto. Una vostra definizione sulla base del vostro lavoro a scuola e al corpo di ballo del Teatro alla Scala. E un commento sulla situazione generale che vedete in altre realtà teatrali che conoscete o di cui avete sentore. Gaia e Mattia: La scuola ha il compito di formarti per il lavoro che verrà e — per nostra fortuna — siamo stati fin da piccoli abituati a lavorare al massimo per ottenere i risultati richiesti ogni anno: questo ci ha avvantaggiato poi nel passaggio in compagnia. Non tutti i ballerini hanno avuto la fortuna di frequentare un'accademia così prestigiosa come quella della Scala e oggi esistono davvero poche scuole che possono essere al pari della nostra. Anche la realtà teatrale, specialmente in Italia, è preoccupante. La Scala è l'unico teatro che può permettersi un repertorio classico così vasto, però siamo fiduciosi che la realtà del nostro paese cambi e favorisca l'arte perché col pensiero giusto si può fare molto, specialmente con tutti i teatri belli che abbiamo: sprecarli sarebbe un vero peccato.
Un sogno, un’aspirazione, un desiderio per la vostra crescita artistica e professionale individuale. Nell’immediato futuro, una breve dichiarazione sul Direttore artistico del Corpo di ballo del Teatro alla Scala, Machar Vaziev, sui vostri insegnanti attuali e sulla vostra partecipazione (ruoli, etc.) alla prossima produzione della Bella addormentata di Aleksej Ratmanskij al Teatro alla Scala. Gaia: Io ho due sogni che conservo fin da quando sono bambina. Un giorno, dopo aver fatto tanta esperienza, mi piacerebbe poter avere la possibilità di ballare Don Chisciotte e Giselle: sono cresciuta guardando questi due balletti. Del nostro Direttore alla Scala apprezzo questo suo modo di portare avanti i giovani e il fatto che abbia portato nuove produzioni in cartellone. Mi trovo davvero bene con tutti maîtres, perché ognuno mi sta dando tanto e grazie a loro — posso dire — che già in un anno ho fatto degli ottimi passi avanti. La Bella addormentata di Ratmaskij sarà una vera sfida per me, perché ha uno stile completamente diverso da quello di oggi: dà l'impressione di tornare ai tempi delle prime rappresentazioni di questo balletto, è tutto molto antico, ‘classico’ e ballato. Mi sono già stati affidati dei ruoli, ma non so ancora quali ballerò definitivamente. So che dovrò lavorare parecchio, ma ne sono felice, perché sarà un'occasione per migliorare tanti aspetti che ancora mancano nel mio modo di danzare.
Si ringrazia per la concessione delle foto Brescia - Amisano.
SABRINA BRAZZO E ANDREA VOLPINTESTA PORTANO LA LORO COMPAGNIA A NEW YORK
Intervista a cura di Francesca Camponero
Ospiti alla I Edizione di “Maratea in danza” per la serata del Gran Gala’ delle Stelle dell’11 luglio scorso al Parco Tarantini di Maratea , che li vedeva in compagnia anche dell’etoile Giuseppe Picone, la coppia Sabrina Brazzo e Andrea Volpintesta ci ha raccontato del suo lavoro post scaligero, dei progetti e delle aspettative che al momento sembrano soddisfarli a pieno.
Da quando sono cominciati i vostri impegni in coppia? E’ stato un anno sabbatico questo ai fini di seguire Sabrina – risponde Andrea Volpintesta - Nel 2012 sono iniziati i nostri impegni in coppia. Siamo stati a Rio de Jeneiro al Teatro Municipal di Roland Petit e di lì è cominciata quest’avventura. La Scala non è un punto d’arrivo, ma di partenza; l’ottima carriera che si fa lì serve da bagaglio per poi prendere la propria strada: diciamo che la Scala ci crea e poi usciamo.
Dunque quali sono stati gli appuntamenti importanti di questi anni? Senza dubbio quello di Rio che poi ha creato tutto il resto.
Sappiamo che avete formato un gruppo. Quando è nata quest’idea? Il gruppo è nato per il nostro volere di sperimentare di più e togliersi dal solito repertorio. Ad oggi la danza classica va vista con ottica moderna per avvicinare anche il grande pubblico al balletto – risponde la Brazzo - Certo bisogna sempre iniziare dal teatro serio per condurre la gente in un percorso di conoscenza nuovo e il nostro gruppo è senza dubbio di formazione “seria”. Si chiama JAS ART BALLET ed ha sede a Milano ai Navigli. Il nostro maitre de ballet è Marco Pierin , mentre Massimo Volpini è il coreografo residente che traduce le nostre idee.
Cosa produce questo nuovo gruppo e da chi è sovvenzionato? Il nostro gruppo è al servizio dei privati che sono poi i nostri sponsor. Case di moda contattano Sabrina- spiega Andrea- e da qui ci troviamo a creare nuovi accostamenti che vogliono la danza, la musica e il canto vicino alla moda. Abbiamo lavorato per Tombolini, Lacoste, Linea Pelle. Operazioni commerciali, certo, che però permettono di dar vita a delle belle produzioni e far conoscere sempre di più il nostro lavoro.
Cosa pensate di costruire con questo gruppo, una vera e propria compagnia? Beh, in effetti il gruppo si può definire una compagnia vera e propria, costituita da professionisti, giovani dai 18 ai 30 anni per la maggior parte usciti dall’Accademia della Scala che non li ha inseriti dentro l’organico del corpo di ballo e che quindi con noi continuano a danzare ad alto livello. Non a caso ci chiamano “la succursale della Scala”- afferma sorridendo la Brazzo - Noi da questi giovani talenti tiriamo fuori il meglio. Loro ci sostengono e noi da loro attingiamo l’energia e la voglia di fare.
E riguardo al vostro imminente viaggio a new York? Affrontiamo la Grande Mela con lo spettacolo “Il mantello di pelle di drago” che sarà il 20 luglio al Alice Tully Hall al Lincoln Center. L’evento è sovvenzionato da uno sponsor privato ed è organizzato da Linea Pelle in collaborazione con Milano Expo. I meravigliosi costumi sono di Erika Carretta. Con noi partecipa anche il solista della scala Maurizio Licitra, e poi i giovani Luigi Campa, Stefania Mancini, Filippo Valmorbida. Questo di New York è senza dubbio un punto di partenza che ci porterà a seguire in Cina e a Parigi.
E come vi organizzate con il vostro bimbo? Joseph viene sempre con noi - risponde la mamma Sabrina- ed è il nostro critico più spietato.
Si ringrazia per la concessione delle foto Francesca Camponero.
Francesco Pergolizzi - Art'è Ballet saggio di danza
Auditorium San Luigi - Canegrate
Abbiamo intervistato Francesco Pergolizzi il direttore artistico della Scuola di danza Art'è Ballet venerdi' 5 giugno 2015 presso l'Auditorium San Luigi di Canegrate. Ringraziamo lo staff di Art'è Ballet per aver ospitato dal mese di gennaio 2015 la Compagnia Dreamtime sezione Legnano nei locali della loro scuola a San Giorgio sul Legnano. Un ringraziamento particolare all'insegnante e ballerina Martina Luca, per la sua collaborazione nel corso di "danza per tutti" Metodo Dreamtime alla quale abbiamo assegnato una Borsa di Studio nella Residenza Artistica al Festival di Avignone dal 10 al 19 luglio 2015.
Si ringrazia per le riprese e il montaggio Franco Covi photographer.
Saggio degli allievi del Teatro Oscar Danza Teatro
Venerdì 22 maggio 2015 si è concluso l’anno di studio degli allievi del Teatro Oscar di Milano, diretto da Monica Cagnani. La direzione con le maestre della Scuola del Teatro Oscar ha deciso di presentare una versione rivisitata del Don Chisciotte sulle stesse musiche di Léon Minkus del balletto originale e di far danzare tutti gli allievi, dalle piccoline dei corsi di ludodanza e propedeutica ai corsi accademici. Agli allievi di danza si sono aggiunti alcuni allievi dell’annessa scuola di recitazione del Teatro Oscar per i ruoli mimici di Don Chisciotte, Sancho Panza, il capo dei gitani, un menestrello (narratore esterno nella drammaturgia dello spettacolo) e persino un acrobata sui trampoli per inscenare il mulino a vento che nella visione di Don Chisciotte prende vita e diventa un nemico da combattere. Il saggio di fine anno è andato in scena presso il Teatro Carcano di Milano e noi — i giovani — di «Dreamtime Magazine» eravamo dislocati per goderci lo spettacolo da più punti di vista: Alex sugli spalti a fotografare e riprendere la videointervista, Elisa dietro le quinte a raccogliere le emozioni degli allievi e della direttrice artistica per la videointervista, Domenico in platea a sentire i commenti dei genitori e ospiti degli allievi e vedere la rappresentazione come pubblico. Lo spettacolo è molto piaciuto al pubblico di venerdì sera. Sono stati tutti soddisfatti di vedere i figli e gli amici sul palco. Le Avventure di Don Chisciotte sono state seguite con attenzione anche da chi — per sua stessa ammissione — il balletto non lo conosce, né lo segue costantemente. Da cosa si è capito? Dal fatto che la sala è stata in grado di percepire le emozioni degli allievi sul palco, incoraggiando con un applauso quando serviva, sorridendo nelle scene mimiche di Sancho Panza senza però interrompere mai la recita con eccesso o scostanza. Bella è stata la scenografia, completa e particolareggiata, attenta la scelta dei costumi nella variazione cromatica in armonia. In bocca al lupo per il prossimo anno di studio e arrivederci al prossimo spettacolo!
Si ringraziano per le riprese Alex Pierre e per il montaggio Franco Covi.
Giacomo Curti e' tornato in scena venerdì 12 Dicembre 2014 alle ore 20.30 al DAF/Lanificio 159, Via di Pietralata 159 per lo spettacolo AFFARI DI FAMIGLIA dei Fuori Contesto, all'interno di FUORI POSTO. FESTIVAL DI TEATRI AL LIMITE. Si ringrazia per la concessione delle foto Maria Cardamone.
Giacomo, puoi raccontarci brevemente la tua storia? Mi chiamo Giacomo Curti, sono nato a Torino il 12 ottobre 1977, città nella quale ho vissuto sino al 1985, per poi trasferirmi a Roma con la mia famiglia, dove attualmente sono occupato nel settore della comunicazione pubblicitaria. La mia condizione di disabilità, una paraplegia in forma congenita, nonostante le ben comprensibili forti difficoltà non è stata comunque motivo, nel corso degli anni, di lassismo e rassegnazione da parte dei miei familiari. Ho imparato così, ben presto, a misurare il mio handicap e il mio grado di autonomia, attraverso i mezzi a me necessari per superarlo con concretezza. Ricordo come il mio inserimento scolastico abbia seguito percorsi di inclusione extracurriculari che mi hanno impegnato in attività di espressione corporea inerenti la danza. Parallelamente il mio impegno in discipline sportive, quali il basket in carrozzina, il nuoto, il tiro con l'arco e lo sci, che mi hanno dato la possibilità di misurare e accrescere le mie potenzialità circa l'autonomia personale in riferimento alla mia condizione di disabilità. Altro elemento formativo importante è stato il mio inserimento in attività scoutistica che, a partire dal 1986 e per i successivi dodici anni, mi ha visto coinvolto in un processo di formazione che con progressivo e crescente impegno mi ha permesso con consapevolezza, la condivisione dei valori del metodo educativo. Le costanti occasioni di attività comunitaria, mi hanno permesso di essere coinvolto in molteplici attività di animazione ed espressione, le quali sono state così per me motivo di entusiasmo. Ho scoperto nell'applicarmi alla fotografia, intense possibilità espressive, e in tempi successivi, senza alcun dubbio anche per merito di motivazioni trasmesse da mia madre, ho iniziato a interessarmi ad altre discipline artistiche quali il cinema, la musica e la pittura. Quando hai scoperto il teatro? Il mio appassionarmi alla pratica teatrale, nel periodo del quinquennio di scuola superiore coincide con la partecipazione ad un laboratorio teatrale condotto da un attore professionista, che mi ha permesso di acquisire una maggiore e decisiva consapevolezza circa le mie potenzialità espressive. Passo successivo, quasi in conclusione del mio percorso scolastico, è stato l'inserimento nelle attività del laboratorio teatrale integrato “Piero Gabrielli” che opera sotto l'egida del teatro di Roma. Un percorso che nel corso degli undici anni di frequentazione mi ha dato modo di poter concepire e sviluppare una progressiva e rinnovata ricerca inerente le mie fisicità in relazione alla necessità di utilizzo della sedia a rotelle , elemento determinante nella mia autonomia di spostamento. Parallelamente ho frequentato un workshop condotto dall'attore Danio Manfredini e successivamente ho incontrato la compagnia Accademia degli Artefatti per un progetto teatrale svoltosi al palazzo delle Esposizione di Roma nel 2001. Sono state due esperienze che mi hanno fornito ulteriori elementi per proseguire il mio percorso attoriale.
Quali sono stati i momenti successivi? Con un'attrice dell'Accademia ho preso parte ad un progetto coordinato dal mio municipio di residenza in qualità di attore e come figura di riferimento della conduzione. Ulteriore stimolo, sempre in rapporto al Teatro di Roma, è stata quindi l'opportunità di essere coinvolto sul piano professionale in due progetti di produzione teatrale nel periodo 2007-2010, rispettivamente con la conduzione e regia di Marco Baliani e Ninni Bruschetta. Esperienze queste che concretamente hanno contribuito a farmi acquisire una competenza e autonomia nella qualità della proposta in ambito artistico, senza alcun dubbio progredita ed affinata nei contenuti relativi alla disciplina e conseguentemente nella restituzione scenica. A partire dal 2010 ho così avuto modo di riprendere il mio rapporto nei progetti previsti dal mio municipio di residenza, avendo l'opportunità di essere a mia volta professionalmente occupato in qualità di responsabile e conduttore delle attività laboratoriali in riferimento al settore teatro. É nello stesso periodo che nasce in me l'interesse e quindi il lavoro di ricerca allo scopo di sperimentare ed acquisire ulteriori competenze attraverso l'espressione corporea e coreografica. Ho trovato così che la danceability, una tecnica di danza integrata codificata dal coreografo Alito Alessi, e il teatrodanza in genere, potessero essere delle interessanti e concrete possibilità per progredire.
Quali sono le collaborazioni recenti? Ultime in ordine cronologico sono le mie collaborazioni con le compagnie DMA teatrodanza e FuoriContesto, oltrechè la partecipazione ad un progetto di danza integrata svoltosi lo scorso anno a cura dell'Accademia di Spagna a Roma.
Dall'8 al 13 dicembre e' tornato a Roma il Festival Fuori Posto. Festival di Teatri al Limite. Sei stato in scena con la Compagnia FuoriContesto, cosa ci racconti? La Compagnia FuoriContesto è costituita da Emilia Martinelli, Tiziana Scrocca e Marco Ubaldi. Lo spettacolo che porteremo in scena è “Affari di Famiglia”, finalista per miglior testo e migliore attrice ai premi Ecce Dominae e Theatragon 2014, che narra le storie di sei donne segnate, ognuna, da una relazione in cerca di equilibrio. I relativi legami che alternativamente si allentano o si stringono, senza comunque sciogliersi, indagano la realtà di esistenze che con tutta la fragilità che avvolge le rispettive vite, sono alla ricerca di un modo per esistere e resistere ai pregiudizi. Un focus sul rapporto di relazione tra una madre e il proprio figlio disabile in tutta la sua evoluzione.