24/04/2015
Critiques-Teatro alla Scala
Giselle
La nostra recensione in italiano e in tedesco
Domenica 12 aprile 2015 è ritornata al Teatro alla Scala la étoile internazio-nale Maria Eichwald (Erste Solistin allo Stuttgarter Ballett) dopo il grande successo ottenuto lo scorso Natale nello Schiaccianoci, stavolta nei panni di Giselle. Una Giselle mozzafiato, la cui intensità ha ‘stregato’ il pubblico nell’amore senza fine né limiti della Willi innamorata— la «strega del bosco», secondo l’antica mitologia dell’Europa centrorientale. È stato impossibile non rimanere commossi dal pathos della scena della follia, in cui la ingenua innamorata e illusa perde del tutto la ragione fino a morire dal dolore e dalla comprensione di un amore svelatosi come impossibile.
Gli antichi davano un significato profondo al nome delle persone: Maria Eichwald — kazaka di origini tedesche — porta un cognome che in tedesco vuol dire ‘bosco di querce’, e in quella foresta secolare del Centro Europa popolata dalle Willi «danzatrici della notte» sembra esserci davvero nata. Lì ha saputo condurre e coinvolgere tutti gli interpreti del corpo di ballo del Teatro alla Scala, che in gran forma sono riusciti a mantenere la recita a un altissimo livello tecnico e interpretativo per tutto il tempo dello spettacolo.
Il primo ballerino scaligero Claudio Coviello, che nel ruolo principale in Giselle ha fatto il suo debutto e ha danzato molte recite, è il più giovane Principe Albrecht con cui Eichwald abbia danzato. È stato un Albrecht ‘riconoscibile’ non solo dal costume e dagli entrechat-six — perfetti — dell’atto II durante la supplica alla inflessibile Regina della Willi, ma soprattutto dal carattere del personaggio. In grande sinergia con la partner ha saputo attualizzare le non facili sfaccettature del ruolo: avventato e noncurante delle conseguenze nell’atto I, drammaticamente colpevole nella scena della follia, pentito e innamorato nell’atto bianco. Particolarmente rilevante è stata l’interpetazione di Alessandra Vassallo in Myrtha, regina della Willi. È stata adeguata, controllata e costante nel ruolo di un personaggio difficile, uno spirito che non prova emozioni, se non la durezza della propria condizione.
Nella mitologia slava le Vily (Willi) sono le anime delle fanciulle morte prima del matrimonio, costrette ad abitare i boschi e destarsi dalla tomba ogni notte per danzare nei loro cuori infranti l’amore che non hanno potuto soddisfare in vita. Solo Giselle riesce a eludere l’incantesimo, resistendo a danzare fino all’alba quando gli spiriti rientrano nelle proprie tombe e salvando la vita al principe redendo.
Nei grandi salti in mezzo ai colpi delle terribili Willi, Massimo Garon ha espresso tutta la fierezza del carattere di Hilarion e il suo attaccamento alla vita, pur se non riuscirà a salvarsi dall’ineluttabile destino di morte. Infatti, il suo egoismo lo ha punito, non ha saputo gioire della felicità di Giselle, ma ha fatto di tutto per rovinarla senza prevederne le conseguenze. Dal corpo di ballo una speciale menzione Marta Gerani, Walter Madau, Chri-stian Fagetti e Stefania Ballone, che con i loro sorrisi aperti e sinceri hanno espresso tutta la vitalità delle danze nella scena dei vendemmiatori di rientro al paese e delle sei amiche di Giselle. E infine, dal corpo di ballo i due giova-nissimi Gaia Andreanò e Mattia Semperboni, per il loro recente debutto (8 e 12 aprile) nell’esplosivo e vitale
pas de deux dei contadini — ruoli da primi ballerini: da notare la musicalità.
Balletto romantico in due atti di Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges dal li-bretto di Théophile Gautier. Musiche di Adolphe Adam. Coreografia di Jean Coralli e Jules Perrot, ripresa da Yvette Chauviré.
Giselle: Maria Eichwald. Principe Albrecht: Claudio Coviello. Hilarion: Massi-mo Garon. Due Contadini: Gaia Andreanò, Mattia Semperboni. Myrtha: Ales-sandra Vassallo. Due Willi: Antonina Chapkina, Vittoria Valerio.
Si ringrazia per la concessione delle foto Brescia-Amisano e Teatro alla Scala.
Domenico Giuseppe Muscianisi