06/10/2015
Recensioni-Teatro alla Scala
Bella addormentata nel bosco
Aleksej Ratmanskij
Teatro alla Scala di Milano, Prima 26 settembre 2015.
Ballet-féerie in un prologo e tre atti dalla fiaba di Charles Perrault. Musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Coreografia di Marius Petipa, riallestita in filologico da Aleksej Ratmanskij (con la collaborazione di Tat’jana Ratmanskij). Scene e costumi di Richard Hudson ispirati al lavoro di Léon Baskt. Coproduzione di Teatro alla Scala di Milano e American Ballet Theatre di New York.
Svetlana Zacharova (Principessa Aurora), Jacopo Tissi (Principe Désiré), Massimo Murru (Carabosse), Nicoletta Manni (Fata dei Lillà), Angelo Greco (Uccellino Azzurro), Vittoria Valerio (Principessa Fiorina), Pietre preziose: Virna Toppi (Diamante), Alessandra Vasallo (Oro), Marta Gerani (Argento), Chiara Fiandra (Zaffiro).
Corpo di ballo del Teatro alla Scala diretto da Machar Vaziev. Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala diretta da Frédéric Olivieri. Orchestra del Teatro alla Scala, direttore Vladimir Fedoseev.
Nella stagione di Expo 2015, il Teatro alla Scala di Milano propone un nuovo allestimento del ‘principe’ dei balletti. “Nuovo” per modo di dire, perché l’operazione del coreografo Aleksej Ratmanskij è stata ricostruire in filologico la versione di Marius Petipa della Bella addormentata nel bosco, pur se i costumi e le scenografie si ispirano ai bozzetti di Léon Baskt che li aveva pensati per un allestimento ‘liberty’ dei Ballets Russes di Sergej Djagilev nel 1921.
Da filologo di professione non posso non riconoscere che la ricostruzione di Aleksej Ratmanskij è stata un’operazione che, con fatica, impegno e dedizione, è risultata strepitosa e di grande impatto scenico. Non è stata un’opeazione esente da critiche scettiche e sfavorevoli; ma come in ogni scelta non esiste l’univocità: bisogna considerare la scientificità e l’onestà del metodo ricostruttivo, pur non condividendone le scelte. A difesa dagli scettici sull’allestimento in filologico di Ratmanskij, ricordo la prima lezione di filologia: «L’originale è ineluttabilmente e invetabilmente perso. Il filologo opera una ricostruzione che più si avvicina all’originale seguendo un rigorso metodo scientifico nelle scelte». Aleksej Ratmanskij ha fatto tesoro del metodo filologico, arrivando a un lavoro ‘nuovo’ senza «ottenere un effetto grottesco» (intervista ad Aleksej Ratmanskij “Quanto luccicano alla Scala i Diamanti della Belle au bois dormant” di Sergio Trombetta).
La versione Ratmanskij ha il grande merito di aver restituito l’elemento fiabesco, rispettando gli originali tempi musicali di Čajkovskij e riprendendo elementi stilistici nelle coreografie, che oggi si sono modificati e ripresi raramente. Sul palco del Teatro alla Scala lo stile Cecchetti ha fatto il suo ritorno: i salti che incrociano le caviglie in un plié à quart, le braccia che tengono il gomito rivolto all’interno, le attitudes en avant che ruotano in en dehors solo il basso gamba, le pirouettes ‘al garretto’, cioè con un retiré alla tibia/polpaccio. Il mimo e l’attorialità del danzatore hanno fatto da padroni sulla scena insieme con una tecnica eccellente, senza esasperazioni, che non vuol dire tecnica ‘minimalista’, né ‘sottotono’. Le gambe ‘basse’ all’altezza dell’anca hanno permesso di evidenziare quello che nel danzatore è (o dovrebbe essere) il suo studio principale, la rotazione delle gambe, che spesso va nella direzione opposta dell’apertura e dell’altezza; inoltre, hanno dato maggiore risalto alle batterie, alle cabrioles e in generale a tutti i salti.
Tutti gli interpreti della prima della Bella addormentata hanno condotto una recita con eleganza. Elegantissima è stata Svetlana Zacharova nell’adattare le sue doti al costume steccato di Aurora e allo stile filologico dell’esecuzione; elegantissima Nicoletta Manni nelle variazioni delle Fata dei Lillà e nel mimo degli atti seguenti (da ricordare che nel cast alternativo prende la parte della principessa Aurora con stile e capacità interpretative notevoli). Forte della sua importante esperienza l’étoile scaligero Massimo Murru ha mostrato una grande capacità istrionica nella parte della vecchia strega Carabosse. Il giovanissimo Jacopo Tissi ha debuttato al Teatro alla Scala nel ruolo impegnativo del principe Désiré con le sue batterie, il manège composito e altri salti ‘in stile’ in modo adeguato. Leggeri e divertenti i quadretti con le fiabe, in particolare quello del Gatto con gli stivali, in cui tra le note dei fagotti e dei clarinetti spicca la presenza di Antonella Albano (gatta bianca); pieno e convincente il pas de deux dell’Uccello azzurro e la principessa Fiorina dei due solisti Angelo Greco e Vittoria Valerio; eleganti le fate nel primo atto e le Pietre prezione del terzo. Una particolare menzione per la presenza scenica della solista Virna Toppi e di Marta Gerani, Stefania Ballone e Alessandra Vassallo dal corpo di ballo.
Si ringrazia per la concessione delle foto Brescia - Amisano.
Domenico Giuseppe Muscianisi