01/11/2015
Reviews-Others
Giselle
Teatro dell'Opera di Roma
Teatro dell’Opera di Roma, 27 ottobre 2015. Balletto romantico in due atti dal libretto di Théophile Gautier. Musica di Adolphe Adam. Coreografia di Patricia Ruanne dopo Jean Coralli e Jules Perrot. Scene e costumi di Anna Anni. Luci di Mario De Amicis. Allestimento del Teatro dell’Opera di Roma.
Rebecca Bianchi (Giselle), Claudio Coviello (Principe Albrecht - primo ballerino del Teatro alla Scala di Milano), Antonello Mastrangelo (Hilarion), Alessia Barberini (Bertha, madre di Giselle), Cristina Saso (Bathilde, promessa sposa del principe Albrecht), Passo a due dei contadini: Giovanna Pisani e Giuseppe Depalo, Alessandra Amato (Myrtha, regina delle Villi), Villi soliste: Giorgia Calenda (Moyne) e Cristina Mirigliano (Zulme).
Corpo di ballo del Teatro del Teatro dell’Opera di Roma diretto da Eleonora Abbagnato. Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, direttore David Garforth.
Il primo ballerino scaligero Claudio Coviello è stato invitato dalla direttrice del corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma (TOR) per interpretare il ruolo del Principe Albrecht. Una grande emozione — come Coviello stesso ha ammesso — danzare da protagonista nel teatro che lo ha formato: alla scuola di ballo del TOR, infatti, si è diplomato nel 2009. Quando ebbi a scrivere della sua interpretazione del protagonista in Giselle, scrissi: «È stato un Albrecht ‘riconoscibile’ non solo dal costume e dagli entrechat-six — perfetti — dell’atto II durante la supplica alla inflessibile Regina della Willi, ma soprattutto dal carattere del personaggio. […] ha saputo attualizzare le non facili sfaccettature del ruolo: avventato e noncurante delle conseguenze nell’atto I, drammaticamente colpevole nella scena della follia, pentito e innamorato nell’atto bianco» («Dreamtime Magazine», 24.4.2015). Confermo il mio pensiero, considerando che nel ruolo di Albrecht, che è particolarmente congeniale alla sua sensibilità, si percepisce una positiva maturità interpretativa.
Con un ‘ricorso storico’ alla Gian Battista Vico, come Coviello debuttò nel 2012 con Albrecht, così Rebecca Bianchi ha debuttato questa stagione nel ruolo di Giselle.
In chiasmo perfetto rispetto a Coviello, Bianchi è ballerina al TOR, ma si diplomò alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano. Ha portato in scena una Giselle dolce, tecnicamente solida senza dare l’impressione dello sfozo, in cui l’ingenuità fanciullesca dell’atto I è stata la principale attitudine, da approfondire maggiormente la grande difficoltà mimica della scena della follia (ma mi rendo conto che la follia di Giselle sia un punto di arrivo per un’interprete); mentre è stata molto abile nel rappresentare la determinazione nell’atto bianco, con una notevole presenza scenica nell’addio. Molto apprezzato tutto il corpo di ballo per la grande musicalità e per affiatamento: la scena dell’atto II in cui le Villi avanzano in 1ª arabesque sautillée incrociandosi è stata di grande impatto scenico, come anche il pas de huit delle amiche di Giselle e la chiusura della danza dei vendemmiatori nell’atto I.
In particolare, i solisti del passo a due dei contadini, Giovanna Pisani e Giuseppe Depalo, tecnici e virtuosi senza esasperazione — così inoltre tutti gli uomini —, e Antonello Mastrangelo nel ruolo di Hilarion, preciso tecnicamente e convincente nel mimo.
Eppure, la scelta registica che più ha colpito la mia attenzione è stata quella di dare un maggiore spazio e risalto alla figura di Bertha, madre di Giselle, interpretata ‘a pieno’ da Alessia Barberini. La ripresa coreografica dell’originale porta la firma di Patricia Ruanne, repetiteur e maître de ballet itinerante che detiene gli allestimenti del repertorio di Rudol’f Nureev, con cui danzò e poi lavorò a lungo. Rispetto alla versione di Giselle di Yvette Chauviré, cui sono più abituato, nel ruolo di Bertha ho notato una lunghezza e un’intensità mimica maggiori della scena in cui spiega perché Giselle non dovrebbe ballare e l’oscuramento delle luci sul palco, tratti che ricordano un certo elemento noir tipico dei balletti di Nureev, nonché il più forte risalto dato a una figura ‘minore’, anche questo è elemento caratteristico di Nureev. Forse questa potrebbe essere una spia dell’intenzione della direttrice Eleonora Abbagnato di fondare al Teatro dell’Opera di Roma un santuario italiano del repertorio di Rudol’f Nureev, parallelo al ‘tempio’ dell’Opéra Garnier a Parigi.
Si ringrazia per la concessione delle immagini il fotografo Yasuko Kageyama. Nelle foto:Rebecca Bianchi e Claudio Coviello, e Giselle-Contadini Foto di insieme.
Domenico Giuseppe Muscianisi