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Editoriale
Dreamtimedancemagazine, redazione nata in una periferia milanese in cui abbiamo la nostra sede operativa. Siamo cresciuti come una redazione giovane, diversa e indipendente, per viaggiare nel mondo della danza e di molto altro, dal balletto al contemporaneo, dal teatrodanza al mixability. Un magazine edito dall'Associazione Culturale Vi.d.A., produttore del Festival Internazionale Dreamtime: danza senza limiti, che della Mixed Abilities Dance ha fatto la sua bandiera. Il magazine si avvale della collaborazione di affermati professionisti, nuove leve, sguardi molteplici sul complesso mondo della danza. Paola Banone, direttrice del festival Dreamtime, coordinatrice del magazine, ricercatrice, da tanti anni compie un lavoro mirato sul mixability e sulla relazione tra danza e sociale.
Direttore del magazine è Claudio Arrigoni, giornalista sportivo e commentatore dello sport paralimpico per Rai e Sky; testimonial dell'intera operazione è Anna Maria Prina, ex direttrice per 32 anni Scuola di ballo del Teatro alla Scala, personalità di spicco della danza italiana, coinvolta dal settembre 2011 nel lavoro con la Cie MixAbility Dreamtime.
04/11/2015
Recensioni-Altre

Sylvie Guillem "Life in Progress"

Teatro degli Arcimboldi

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Teatro degli Arcimboldi, tappa a Milano del tour mondiale di addio alle scene, 29 ottobre 2015. Direttore artistico ed esecutivo: Alistair Spalding. Responsabile tournée: Dawn Prentice. Produzione del Sadler’s Wells di Londra, in co-produzione con China Shanghai International Arts Festival, Les Nuits de Fourvière e Sylvie Guillem.

Technê. Coreografia: Akram Khan. Interprete: Sylvie Guillem. Musica dal vivo: Alies Sluiter (violini, voce, laptop) in collaborazione con Prathap Ramachandra (percussioni) e Grace Savage (beatbox).
Duo2015. Coreografia: William Forsythe. Interpreti: Brigel Gjoka (ballerino per The Forsythe Company) e Riley Watts (ballerino per The Forsythe Company). Musica: Tom Willems.
Here & After. Direzione e coreografia: Russell Maliphant. Interpreti: Sylvie Guillem ed Emanuela Montanari (solista del Teatro alla Scala di Milano). Musica: Andy Cowton.
Bye. Coreografia: Mats Ek. Interprete: Sylvie Guillem. Musica: Ludwig van Beethoven.

Alla notizia della tappa milanese del tour mondiale di addio alle scene di Sylvie Guillem scrissi così: «Senza bisogno di troppe presentazioni, perché lei è già nella storia della danza, Guillem con le sue linee e pose ginniche ha rivoluzionato il carattere dei personaggi del repertorio, senza mai dimenticare la tecnica: negli stessi costumi steccati di Maria Taglioni e nel rispetto del tempo originale dettato dalla musica non ha mai adattato le regole della danza classica alle sue esigenze fisiche, ma all’interno di esse ha portato alla massima esasperazione lo stile e l’interpretazione» («Arcipelago Milano», 7.10.2015).

Life in Progress è uno spettacolo che testimonia il continuo progresso di Sylvie Guillem: infatti, dalla prima al Teatro Pavarotti di Modena lo scorso 31 marzo 2015 alla recita milanese al Teatro degli Arcimboldi lo scorso 29 ottobre nella prima coreografia (Technê) il solo microfono con cui ‘duetta’ Guillem è stato sostituito da una albero luminoso al centro di una luna luminosa. Metafora molto importante quella dell’albero perché fin dalle civiltà più antiche è stato il simbolo della vita e della continuità, come anche quella della luna che sembra portare Guillem alla ricerca di nuovi mondi, perché la sola Terra non le basta più. La luna bidimensionale entro la quale si svolge la coreografia richiama il cerchio magico delle danze antiche e anche del kathak, lo stile più drammaturgico degli otto della danza classica indiana, con cui il coreografo Akram Khan aveva cominciato il suo studio coreico (dalla danza indiana viene anche la scelta di musica e canto sulla scena). Guillem si muove piccola in un crescendo di coreografia, alternando momenti di grande fluidità a pose platische, quasi ieratiche, come gli dèi della religione hindū, Śiva Nāṭarāja ‘signore della danza’ che crea l’universo.

Molto commovente è stato il finale Adjö / Bye di Mats Ek, un ‘addio’, che vede Guillem nei panni ordinari di una donna immaginabile in città. L’uso dello schermo proiettore le permette di vedere la gente, ma allo stesso tempo la separa da essa fino all’ultimo momento nel quale ‘entra’ nello schermo e così si mescola alla gente. L’insegnamento di Guillem prevede che l’artista non può stare isolato, ma deve essere nel mondo (il filosofo tedesco Heidegger usa il verbo dasein ‘esserci’) per e con la gente al di sopra delle sofferenze con l’intento della cultura miglioratrice e salvatrice del mondo.

A questo fine, importante è la presenza di altri artisti, perché solo grazie allo cooperazione si può dare vita alla vera cultura. Duo2015 di Forsythe mostra come due danzatori di formazione un po’ diversa (uno un po’ più ‘classico’ nel fisico, l’altro più morbido e ‘contemporaneo’) si imitino inizialmente e poi progressivamente creano insieme attraverso il sentire della pulsazione e del partner una coreografia che riempie il palco e risulta attraente di attenzione per il pubblico; metafora questa della nascita dell’arte. Speculare al passo a due maschile di Brigel Gjoka e Riley Watts è il passo a due femminile, che rappresenta invece la metafora dell’evoluzione dell’arte, Here & After di Russell Maliphant di Sylvie Guillem e della solista scaligera Emanuela Montanari, scelta da Guillem per accompagnarla nel suo tour mondiale di addio. Anche loro due danzatrici dalle doti diverse, che hanno raccontato l’evoluzione coreutica della donna nella danza, con una coreografia ricca di fisicità, fatta di prese e lift, forte e riflessiva, senza che nessuna delle due sminuisse, né esaltasse l’altra, ma capaci di ‘tenersi testa’ a vicenda e modularsi insieme. Dopo la consacrazione nel balletto classico avvenuta al Palais de l’Opéra Garnier di Parigi per la scelta dell’allora direttore del corpo di ballo Rudol’f Nureev nel ruolo della Regina delle Driadi per l’atto bianco del Don Chisciotte, ruolo che la vide prima ballerina (première danseuse), e dopo solo cinque giorni il 29 dicembre 1984 al termine di un Lago dei cigni divenne la più giovane étoile al mondo nominata a diciannove anni, Sylvie Guillem non ha mai smesso di innovarsi, migliorarsi e ricercare nell’arte coreica che è la sua vita. Infatti, per il suo addio alle scene, non ha scelto di ritornare ai suoi esordi, ma la sua è una ‘vita in divenire’, Life in Progress per l’appunto, fino all’ultimo si è messa in gioco e in discussione con coreografie e sperimenazioni nuove. Questo è il più intenso messaggio che forse la più importante del mondo ha lasciato in questi trentanove anni della sua carriera; messaggio che tutti i danzatori, gli artisti, ma in generale tutti coloro che vivono la propria vita e il proprio lavoro con passione — come me —, devono recepire e mettere in atto: rigore e disciplina, anima e cuore, dubbio, domanda e ricerca.

Si ringrazia per la concessione delle foto i fotografi Anne Deniau e Bill Cooper.


Domenico Giuseppe Muscianisi