21/02/2016
Interview-Video Interview
Intervista a Francesco Ventriglia
Italiani nel mondo
Formatosi alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala dove si diploma nel 1997 sotto la direzione di Anna Maria Prina, entra subito a far parte del corpo di ballo del teatro stesso interpretando ruoli solistici e principali. Nel 2005 debutta con la coreografia e tra i suoi primi lavori spicca Giallo 700 per la Scuola di Ballo del Teatro alla Scala. Crea numerosi titoli per i grandi étoiles della danza internazionale tra cui Roberto Bolle, Eleonora Abbagnato, Svetlana Zakarova e Uliana Lopatkina. Dal 2010 è direttore del Maggio Musicale Fiorentino sino al 2013 e dal 2014 è direttore del Royal New Zealand Ballet. La conoscenza con Francesco risale ai tempi della Scuola di ballo del Teatro alla Scala e prosegue con gli anni passati insieme in corpo di ballo. Quando lui ha iniziato la coreografia ho danzato sin da subito nei suoi balletti e sono stata anche la sua assistente per il lavoro Il Mare in catene presentato alla Biennale di Venezia nel 2007 e al Piccolo Teatro Strehler a Milano. Nel 2010 ho danzato il ruolo principale nel suo balletto Immemoria al Teatro alla Scala. Oltre ad aver condiviso per molto tempo il percorso lavorativo, io e Francesco siamo da sempre legati da una profonda amicizia e stima reciproca. Partendo dal suo ritorno in Italia con il Royal New Zealand Ballet, in occasione del tour europeo della compagnia, approfitto per fare alcune domande sul suo incarico.
Da un anno sei direttore del Royal New Zealand Ballet, che effetto ti fa tornare in Italia con la compagnia?
Sono molto felice e orgoglioso di tornare in Italia. Ho lasciato il paese per l’incarico di direttore dopo aver partecipato ad un bando di selezione un anno e mezzo fa e sono stato selezionato tra settanta candidati in tutto il mondo. Questo incarico è fonte di grande orgoglio per me, ma anche per l’Italia; tutto quello che ho imparato nel mio paese è un valore molto importante che trasmetto in Nuova Zelanda, chissà che un giorno io possa farlo anche in Italia.
Quale è stato il programma della tournée?
Il tour è stato organizzato dalla direzione precedente, è iniziato in Inghilterra con Edimburgo, Leeds, High WyCombe, Canterbury, Londra ed è proseguito in Italia con Udine, Vicenza e Roma, quest’ultima tappa aggiunta da me. Il programma era Giselle e A Passing Cloud. Giselle nella versione di Ethan Stiefel e Johan Kobborg è abbastanza fedele all’originale a parte alcune differenze soprattutto nel primo atto. A Passing Cloud è una serata contemporanea composta da quattro titoli: i primi tre sono stati creati per il Royal New Zealand Ballet e il quarto è Selon Desir di Andonis Foniadakis che lo ha riadattato per la compagnia. Quest’ultimo è anche parte del programma Speed of Lights che aprirà la stagione 2016, la prima che io programmo con il RNZB. Oltre a Selon Desir ci sarà anche, per la prima volta, Cactì di Alexander Ekman e In The Middle Somewhat Elevated di William Forsythe.
Cosa pensi della compagnia?
Quando si arriva in una compagnia il primo anno serve un po’ per comprendere le regole della casa; la Nuova Zelanda ha una metodologia diversa dalla nostra. Ho avuto bisogno di capire la cultura, il gusto del pubblico per cercare di programmare al meglio la stagione: cosa può piacere al pubblico neozelandese e cosa ha bisogno di conoscere. La compagnia è nazionale quindi porta con sé anche una responsabilità di divulgare la cultura del balletto e della danza per l’intero paese. Ha un ruolo istituzionale finanziato direttamente dal Ministero della Cultura che infatti mi ha conferito l’incarico e a cui devo riferire costantemente. Insieme al New Zealand Symphony Orchestra e al New Zealand Army Band anche il Royal New Zealand Ballet fa parte delle istituzioni nazionali e culturali del paese che vengono direttamente tutelate e finanziate per uno sviluppo dal governo stesso senza dispersioni economiche. Quando si mettono tutti i fondi in un’unica realtà istituzionale e nazionale, si ha la possibilità di avere meno dispersione economica e maggiore tutela della cultura del paese; sarebbe una buona soluzione per l’Italia.
Sei stato direttore in Italia e attualmente sei direttore a Wellington. Che differenze riscontri? Innanzitutto il sistema di lavoro è completamente diverso, esistono le regole ed esiste il sindacato che io incontro una volta all’anno per discutere le regole condivise che vengono poi scritte e di conseguenza rispettate per i successivi dodici mesi, senza necessità di lotte, scioperi e sterili perdite di tempo da quello che è l’essenza del lavoro del danzatore. I contratti dei ballerini sono annuali: la professionalità e il talento sono la loro garanzia occupazionale, abbiamo danzatori che sono in questa compagnia da più di dieci anni. Non è una mancanza di tutela anzi il contrario, è la meritocrazia che dà stabilità ad un danzatore per il proseguimento del suo percorso. Ci sono degli strumenti di controllo del lavoratore che sono reciproci ovviamente. Il danzatore ha inoltre una serie di situazioni extra lavorative che gli garantiscono una certa tutela: team fisioterapico, tutela delle ore di lavoro, salario, spazi per lavorare, attività extra come pilates e gyro-tonic e la palestra gratuita. Il datore di lavoro ha la possibilità di controllare il danzatore nel suo andamento, nel raggiungimento degli obiettivi, nella capacità di espletare le sue funzioni sempre ad un livello estremamente alto e nello standard di una compagnia reale nazionale di un paese. Ogni tre mesi c’è un meeting insieme alle risorse umane, che si chiama performing review, che dà al danzatore degli obiettivi concreti. Alla fine dell’anno si verifica se il danzatore ha realmente raggiunto quegli obiettivi o se deve essere sostituito con un altro che possa essere nello standard della compagnia. Questo consente alla compagnia di avere un livello molto alto di talento e di qualità del prodotto che si vende al pubblico.
Che progetti hai per il futuro della compagnia?
La nuova Zelanda è un paese estremamente giovane e l’Europa con tutta la sua storia è vista come qualcosa di estremamente positivo e di grande valore. Mi sento fortunato da europeo a lavorare in un paese dove la nostra cultura è vista come un grande valore aggiunto. Parte del mio progetto di direzione è proprio quello di creare un ponte di scambio tra la Nuova Zelanda e il Vecchio continente per cercare di portare in Nuova Zelanda parte della storia che ha reso grande l’Europa con la sua tradizione di balletto, e dall’altra parte portare in Europa il senso di freschezza, l’interesse costante nello sviluppo, la grande volontà di investire nell’arte e nella cultura e grande curiosità da parte del pubblico neozelandese. Credo che questo scambio possa essere estremamente positivo ed efficace per la compagnia.
Quanti sono i danzatori in compagnia?
Attualmente i danzatori sono trentotto, ma io sto programmando già le prossime tre stagioni poiché con il board della compagnia abbiamo intenzione di avere un programma artistico a lungo termine che permetta la crescita della compagnia e arrivare magari nel 2019 ad avere un Lago dei Cigni con un maggior numero di danzatori. Per il 2016 i ballerini scenderanno a trentaquattro, e nelle successive stagioni è previsto un numero più alto; la programmazione riferisce molto all’organico. Da dieci mesi la New Zealand School of Dance è diventata la scuola ufficiale del Royal New Zealand Ballet, così facendo intensifichiamo i rapporti con la scuola nell’interesse anche di formare i danzatori dall’interno. L’obiettivo è quello di creare una tradizione di casa che oggi non c’è perché la compagnia è molto giovane, ha soli sessant’anni.
Quali sono i tuoi obiettivi per la compagnia?
L’interesse è quello di coniugare passato e futuro, come ho cercato di fare a Firenze: la tutela del repertorio classico con una grande apertura ai coreografi del presente, attraverso creazioni per la compagnia insieme con i grandi autori del Novecento che hanno segnato la storia della danza contemporanea. Avere, quindi, una compagnia versatile che possa divulgare nel paese i diversi stili della danza. Sicuramente quello che vorrò fare, cominciando dall’audizione del 2 dicembre a Roma, è trovare danzatori che aderiscano perfettamente a questo tipo di progetto e cambierò all’interno della “famiglia” alcune pedine, in maniera estremamente graduale senza nessuna rivoluzione.
Qual è lo staff per la compagnia?
Lo staff per il 2015 è stato esclusivamente di ospiti che si sono alternati di tre mesi in tre mesi, invece nel 2016 sarà uno staff di un anno e credo che in questo modo sia più funzionale ed efficace per la compagnia. Le attività della compagnia sono molte: facciamo quasi settanta spettacoli all’anno oltre alle attività di educazione che sono numerose poiché sono distribuite in tutto il paese. I maîtres de ballet hanno più funzioni all’interno della compagnia per cui è necessario che conoscano bene i progetti dall’inizio. I maestri per il 2016 quindi sono due oltre a tutto l’insieme di persone all’interno della struttura che lavorano specificamente per il balletto. Abbiamo inoltre il laboratorio per le scene e i costumi, quindi tutto viene prodotto all’interno della casa.
Come avevi fatto a Firenze, ci sono dei progetti coreografici?
Sono molto interessato all’aspetto coreografico da sempre. Esiste una fondazione legata alla compagnia che si occupa della tutela della danza in Nuova Zelanda e con loro c’è questo progetto da circa un anno dedicato ad un direttore del passato che era molto attento alla coreografia. Questo progetto prevede una raccolta fondi per lo sviluppo di nuovi coreografi, quindi ho ideato un premio, che per ora è nazionale, in maniera tale che il RNZB possa diventare una piattaforma di nuove tendenze creative. Ho individuato un ragazzo della compagnia molto bravo che è anche film maker, ha presentato già due film uno a New York e uno al Festival del Cinema a Cannes, le sue coreografie sono molto interessanti e quest’anno ha vinto il premio. Attraverso questo premio e il compenso ricevuto ha un contratto con la fondazione a cui deve riferire ogni sei mesi come sta utilizzando i fondi per il suo sviluppo coreografico. Il mio ideale sarebbe individuare un coreografo interno e “brandizzarlo”, dandogli il necessario spazio all’interno attraverso la residenza, e allo stesso tempo dargli la possibilità di andare in giro per il mondo a coreografare per le altre compagnie. Questo consentirebbe di esportare il brand della compagnia in maniera gratuita, e anche per il ragazzo stesso sarebbe molto più vantaggioso muoversi con il supporto della sua compagnia di provenienza, così come succede nelle grandi compagnie nel mondo.
Ci sono dei ragazzi in compagnia su cui stai puntando per un progetto artistico a lungo termine?
Al Royal New Zealand Ballet non esistono gerarchie, non esistono nomine, sono tutti uguali. Ci sono dodici livelli di contratto che corrispondono a differenze di salari in cui rientrano le promozioni per i danzatori che danzano maggiormente. Ogni danzatore può avere la promozione perché c’è un turn over per quanto riguarda la distribuzione del lavoro; a ogni danzatore viene data la possibilità e questo chiaramente permette di individuare più facilmente chi ha talento per emergere. Allo stesso tempo si mantiene sempre un clima di supporto da parte della compagnia per chi debutta in un ruolo perché a turno la possibilità viene data a tutti, si evitano così delle discrepanze interne. Tra i danzatori di spicco in questo momento posso segnalare Lucy Green che è stata anche ospite al Royal Scottish Ballet interpretando il ruolo principale in Cenerentola di Christopher Hampson direttore della compagnia, ci sono anche Mayu Tanigaito, Kohei Iwamoto e nuovi ragazzi che sto facendo debuttare sperando di tirarne su sempre di più.
Ti manca l’Italia?
Sicuramente si perché sono partito di corsa e da solo, la vita che avevo in Italia è una vita completamente diversa da quella che ho oggi in Nuova Zelanda: amici, famiglia, la tipologia di vita è cambiata drasticamente. La Nuova Zelanda è un bellissimo paese e sono felice di viverci però sicuramente accarezzo molto spesso l’idea di tornare prima o poi a casa.
Stefania Ballone