21/03/2018
Recensioni-Teatro alla Scala
Un trittico da non perdere
Un cast di giovanissimi e Bolle immortala il "suo"
Boléro
Il trittico Mahler 10, Petite Mort e Boléro in scena alla Scala (fino al 7 aprile) ha funzionato e raccolto consensi entusiasti da parte del pubblico. In prima mondiale, Mahler 10, della coreografa canadese Aszure Barton (una felice scoperta di Mikhail Baryshnikov), ha conquistato per la trascinante fluidità dei movimenti e per l’autenticità di una coreografia che sa unire, con tenuta, una gestualità che attinge a diversi linguaggi del contemporaneo, sullo struggente adagio dell’incompiuta Sinfonia di Mahler.
Inizia con una donna in gonna lunga, color ghiaccio (i costumi sono di Susanne Stehle), dentro una scenografia a semicerchio, molto essenziale e chiara, firmata da Burke Brown; i ballerini si uniscono a lei in un crescendo di corpi (ventisei) e danzano in soli, passi a due e di gruppo. Tra corse, movenze che ricordano, a tratti, anche il teatro danza di Pina Bausch, ma tutto rigorosamente con scarpette da mezza punta, i corpi raccontano vissuti personali dei ballerini e regalano autenticità ai movimenti, uniti come una grande onda che si espande sul palcoscenico.
I temi della vita e della morte aleggiano con un tono drammatico e nello stesso tempo lieve, Mahler 10 è una coreografia “compassionevole”, nata dopo un lungo ascolto della sinfonia mahleriana da parte della Aszure (più di un anno), che coglie tutta la fragilità umana e nello stesso tempo se ne prende cura con grande delicatezza.
Cast eccellente con Antonino Sutera, Virna Toppi si alterna con Alessandra Vassallo, Claudio Coviello con Nicola Del Freo, Antonella Albano, Stefania Ballone, Christian Fagetti, Federico Fresi, Chiara Fiandra e il corpo di ballo scaligero.
Petite Mort (1991) del coreografo ceco Jiry Kylian è un ritorno felice al Teatro alla Scala (dopo dieci anni) di una coreografia commissionata dal Festival di Salisburgo nel secondo centenario della morte di Mozart e che si sviluppa proprio sui due concerti per pianoforte e orchestra (in la magg.n.23 k488 e in do magg.n.21 k467). Protagonisti della scena sei donne, sei uomini e sei fioretti che danzano passi a due e di gruppo alcuni molto intimi, in boxer e tutine color carne, avvolti da luci calde e altri ironici, per esempio il pezzo con le donne in gonne di crinoline nere, stile ottocento. La danza si lega con armonia perfetta alla musica per raccontare la “Petite Mort” (in francese significa orgasmo), quel morire a se stessi nella complementarietà del corpo maschile e femminile, per ritrovarsi con l’altro in un’unità profonda, erotica e spirituale, nel momento dell’unione fisica. Tutto descritto con grande lievità e concretezza, senza mai cadere nel volgare, dalle sei coppie che hanno debuttato alla prima: Vittoria Valerio e Matteo Gavazzi, Chiara Fiandra ed Eugenio Lepera, Francesca Podini e Nicola Del Freo, Nicoletta Manni e Mick Zeni, Martina Arduino e Christian Fagetti, Alessandro Vassallo e Marco Agostino.
Gran finale con Roberto Bolle che, per la prima volta nella sua carriera, è salito sul celebre tavolo tondo, color sanguigno, del balletto Boléro (1961) di Maurice Béjart, circondato da un coro di ballerini scaligeri accompagnati, in un crescendo ossessivo dalla musica di Ravel, un pezzo orientaleggiante e ipnotico per la sua martellante ripetitività. Una nuova sfida per il “guerriero” della danza italiana che ha dovuto fare i conti con altre strepitose interpretazioni, femminili e maschili, che hanno segnato la storia di questo pezzo: da Duška Sifnios (la ballerina iugoslava che ispirò Béjart con il suo corpo sinuoso mentre usciva dall’acqua), a Suzanne Farrell, Maja Pliseckaja, Luciana Savignano, Sylvie Guillem, agli uomini, il leonino e sensuale Jorge Donn, immortalato anche nel celebre film di Claude Lelouch, Patrick Dupond, Richard Cragun. Bolle ci ha regalato la sua interpretazione, a torso nudo, in calzamaglia nera attillata, i piedi scalzi, illuminato da una luce calda che, all’inizio inquadra solo il movimento della mano fino a invadere, in un crescendo ossessivo, tutte le parti del corpo, prima di soccombere all’assalto finale dei ballerini che, in cerchio, lo sommergono in un apoteosi orgasmica. Se è vero che Boléro reclama un giusto equilibrio tra estetica e sensualità, Bolle propende più per la prima e dona ai suoi fan un’interpretazione apollinea di grande potenza e carisma. Sul tavolo rotondo si alterneranno gli scaligeri Martina Arduino (27/03), Virna Toppi (25/3 e 7/4), Gioacchino Storace (5/4) e Elisabet Ros (29/3) e Julien Favreau (30/3) del Béjart Ballet Lausanne.
Recensione della prima serata del 10 marzo.
Si ringrazia per la concessione delle foto Brescia - Amisano.
Manuela Binaghi